SALA ARTEMEDIA, PIAZZA GARIBALDI, CERVIA
DAL 2 AL 18 FEBBRAIO 2018
ORARI DI APERTURA
GIOVEDI’ E DOMENICA 10.30-12.30 E 15-18
VENERDI’ E SABATO 15-18
INGRESSO GRATUITO
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Valzania Giuseppe, cervese, classe 1942; ma più noto come PIVI’N, dal soprannome del padre. Nel 1951, a nove anni, debutta come garzone barbiere in uno dei molti negozi allora aperti a Cervia (Giorgini, detto Cic-ciak). Da allora e fino ad oggi, prosegue l’attività di barbiere tradizionale, nel suo negozio di Pinarella, fino a diventare una figura storica della città. Sono quindi 66 anni di lavoro (10 come apprendista, 56 come barbiere titolare): e ancora Pivìn parla malvolentieri della possibilità di andare in pensione: “non riesco a prendere questa decisione”, scrive.
Gli attrezzi e gli oggetti d’epoca (o, si potrebbe dire, i reperti) raccolti e ora esposti da Valzania attengono alla professione di barbiere. E’ così possibile ammirare, presso la mostra, una bellissima poltrona d’epoca sulla quale venivano fatti accomodare i clienti, ma anche un cavalluccio appositamente concepito per i bambini; una collezione di numerosi rasoi manuali, con le relative cinghie e pietre per affilarli, che mostrano l’evoluzione tecnica di questo fondamentale utensile; ciotole e docce e altri utensili metallici; macchinette per il taglio rapido dei capelli; e ancora foto, quadri, stampe d’epoca.
Questi oggetti vintage sono colorati e inattesamente interessanti; ma dietro di essi – e forse è proprio questo il loro più autentico valore – emergono memorie, tradizioni, paesaggi, usanze, soprannomi, personaggi, aneddoti, storie di una Cervia che molti ricordano, ma che non esiste quasi più. Una cittadina in cui si iniziava a lavorare ancora bambini, e in cui quella del titolare della bottega diventava quasi una seconda famiglia per il giovane apprendista. Ricorda Pivìn: la mattina a scuola, poi refezione scolastica (minestra e mortadella); poi intervallo ricreativo in Viale Roma, dedicato ai giochi con le palline o le figurine; infine, dalle 14.30 in poi, a bottega. A Cervia, all’epoca, esistevano numerosissimi negozi di barbiere (ma ora, lamenta amaramente Valzania, “questo lavoro non lo vuole fare piu’ nessuno, compreso mio figlio”). I barbieri costituivano una sorta di confraternita sindacale e una importante categoria professionale; concordavano orari estivi e invernali, tariffe, discutevano problemi vari come, ad esempio, la difficoltà a procacciarsi acqua calda. Infatti, ricorda ancora Valzania, “per lavare i capelli si andava al forno del giardino della chiesa, si prendeva una quantità di acqua calda, poi si miscelava con la fredda”. In quei tempi, per diventare professionista era necessario sostenere un esame davanti ad una commissione. Ma quasi tutti i negozi tradizionali stanno ormai chiudendo. Ora, conclude Valzania, esistono i nuovi negozi unisex; però, aggiunge pensoso, “non fanno le barbe”.
Fino a domenica 18 febbraio è possibile visitare la mostra e scambiare qualche parola con il barbiere Pivìn, che sara’ lietissimo di illustrarvi i paesaggi umani, gli scenari, le storie nascoste dietro gli oggetti esposti